ScuolaEuropa/Carriera docenti all'estero legata alla valutazione


All'estero esame ogni 4 anni per premiare i docenti capaci

Solo in Italia carriere agganciate esclusivamente all'età

da Il Mattino – 19 dicembre 2014 di A. Galdo

Partiamo da una premessa: gli stipendi sono bassi. Gli insegnanti italiani guadagnano meno dei colleghi europei, una media del 20%, a parità di ore di lavoro, tra le 35 e le 40 settimanali. Lo scarto poi diventa un abisso, se ci confrontiamo con paesi dove il livello dell'istruzione è molto alto e lo status di un insegnante è riconosciuto innanzitutto attraverso la busta paga. Mentre in Italia si arriva a un tetto massimo di 39.000 euro lordi annui, alla fine della carriera, in Germania si può partire anche da 48.000 euro. E i livelli medi sono questi: 24.846 euro in Italia, 44.823 euro in Germania. Praticamente la metà. Ma le differenze retributive così marcate si spiegano andando a vedere da vicino i criteri con i quali gli insegnanti fanno carriera. In Italia, ormai da mezzo secolo, conta l'anzianità di servizio, come hanno sempre voluto i sindacati, i veri padroni del sistema scolastico, in un quadro di appiattimento verso il basso delle retribuzioni e verso l'alto delle relative garanzie. Nei paesi nostri soci e più vicini a noi come economie, parliamo di Francia, Germania e Gran Bretagna, invece l'anzianità è una componente dello stipendio, spesso neanche la più importante. Mentre la variabile che fa la differenza, e crea l'abisso, è il merito che, a sua volta presuppone la valutazione del lavoro degli insegnanti. Due cose, merito e valutazione, che i sindacati nel nostro Paese non gradiscono, come dimostra l'ultimo dietrofront del Partito democratico che ha cancellato con un colpo di spugna proprio il merito (non accettato dai docenti consultati) dalla riforma della cosiddetta Buona Scuola. Valutazione e merito, ai fini della carriera e dello stipendio, vanno di pari passo per esempio in Francia, dove la formazione continua degli insegnanti è un requisito essenziale per essere gratificati. Dall'inizio. Si entra nel corpo docente, infatti, dopo un concorso e un anno di formazione presso Fingitut universitaire de formation des maitres. Successivamente, e nonostante una sindacalizzazione della scuola molto alta, gli insegnanti francesi sono sottoposti a verifiche e valutazioni del loro lavoro ogni quattro anni. A questi esami a ciclo continuo partecipano i dirigenti scolastici e gli ispettori dipartimentali, distribuiti sul territorio, che si spingono fino a osservare il comportamento del docente in classe, durante le ore di lezione. In Germania, gli insegnanti sono dei dipendenti dei lander, quindi hanno uno status di impiegati regionali, e possono progredire lungo un percorso in quattro livelli (inferiore, medio, superiore e senior). Come? Tramite una valutazione, che viene fatta ogni sei anni, e impegna ispettori esterni, inviati dalle autorità regionali. Sono loro che esaminano i risultati degli alunni nei vari gradi di apprendimento, le attitudini dei singoli docenti e il rendimento di ciascuno, fino a compilare una vera pagella del professore. Dove i voti diventano determinanti per l'aumento degli stipendi. In Gran Bretagna, gli enti pubblici locali che hanno il controllo dell'amministrazione scolastica, sono chiamati a visionare dei veri e propri piani aziendali delle scuole. In pratica: dirigenti e professori fissano gli obiettivi ai vari livelli di insegnamento e poi ne rispondono. E sulla base della corrispondenza tra obiettivi annunciati e realizzati si procede a riconoscere, sotto forma di parte variabile dello stipendio, i risultati ottenuti. Premiando, appunto, il merito. Il circolo vizioso della scuola italiana, tutta avvitata sull'anzianità e respingente rispetto al merito, alla fine finisce per disincentivare la qualità dell'insegnamento. Semplicemente perché non paga. La percentuale di variazione tra un minimo e un massimo di stipendio dei professori in Europa è, in media, attorno al 70%, in Italia non supera il 40%. E mentre da noi arrivi al massimo dello stipendio dopo 35 anni di servizio, cioè alla fine della carriera invirtù di puri automatismi, in Germania, Francia e Inghilterra puoi arrivare alle cifre top dei compensi già dopo 15 anni di servizio. Se dimostri di essere un bravo insegnante. Al contrario, una scuola che premia solo l'anzianità è anche una scuola più vecchia dal punto di vista anagrafico: non a caso, più della metà degli insegnanti italiani hanno superato la soglia dei 50 anni. Un sistema così rigido, però, dal punto di vista della logica sindacale del "tutto a tutti" presenta alcuni vantaggi in termini di contropartite. Lo dimostra un'altra, incredibile anomalia della scuola italiana: un'infernale mobilità degli insegnanti che alunni e famiglie scontano non riuscendo spesso ad avere continuità nelle figure dei professionisti di riferimento che ciascun istituto propone. Non essendoci un premio, in termini di carriera e di stipendio, alla serietà del lavoro, e non potendo ciascuna scuola scegliere il proprio corpo docente, accade che, ogni anno, in Italia il 22 per cento dei docenti cambia scuola. In Europa siamo sotto il 5 per cento. Un turnover che significa caos, ritardo nei programmi, scarso rigore nel controllo sull'attività degli alunni, poca continuità nei metodi di insegnamento. Le premesse per il disastro che poi viene certificato dalle indagini Pisa sui livelli di apprendimento nella scuola italiana, i più bassi tra i paesi dell' Ocse sia per le materie scientifiche sia per quelle letterarie. Scrive in proposito la Banca d'Italia in uno studio dedicato al nostro sistema scolastico: «Con queste regole del gioco che svincolano di fatto la carriera e le retribuzioni degli insegnanti dagli esiti dei loro comportamenti, i docenti non hanno incentivi economici o di mobilità che li inducano a impegnarsi e fare bene nella loro scuola: i loro interessi privati non sono allineati con quelli collettivi». Infime, a fronte di risultati così deludenti, resta il fatto che la scuola italiana è una delle più costose del mondo. Per ogni studente l'Italia spende una cifra superiore a quella della media Ocse di circa il 27% nella scuola primaria, e di quasi l'8% in quella secondaria. E il rapporto tra studenti e insegnanti è il piu basso all'interno dell'Ocse: 11 studenti per insegnante contro i 19 di Francia e Germania. Dunque, il problema non è la mancanza di soldi, ma semmai il fatto che li spendiamo molto male. Per gli insegnanti e per gli alunni.

 

 
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