EQF e Competenze: oltre i miti europei


European Qualification Framework: opportunità o minaccia?

di Claudio Gentili , pubblicato il 12/06/2009

Siamo a un bivio. Entro il 2010 le qualifiche e le competenze del sistema di istruzione e formazione italiano dovranno essere ancorate agli otto livelli descrittivi previsti dallo European Qualification Framework. Pena l’esclusione del nostro Paese dalle sfide dell’economia mondiale basata sulla conoscenza.
Molti sostengono che lo sviluppo di un quadro di competenze e di qualifiche sarebbe il toccasana per uscire dalla palude nella quale affondano i sistemi scolastici, altri, invece, denunciano l’espressione della volontà del mondo economico di entrare nella scuola con tendenze neo-capitaliste per adattare i sistemi dell’insegnamento agli imperativi della modernizzazione e della globalizzazione.
In qualità di strumento per la promozione dell’apprendimento permanente, lo European Qualification Framework (EQF) è stato concepito per includere tutti i livelli delle qualifiche acquisite nell’ambito dell’istruzione generale, professionale e accademica nonché della formazione professionale, occupandosi anche delle qualifiche acquisite nell’ambito della formazione continua.
L’EQF si articola in otto livelli, che prendono in considerazione le qualifiche da un livello di base (Livello 1, conseguito con l’istruzione primaria) a un livello avanzato (Livello 8, conseguito con il dottorato di ricerca). Ma, sul piano della realizzazione pratica, la tendenza a considerare l’apprendimento acquisito in contesti non formali o informali (come ad esempio il luogo di lavoro) inferiore all’apprendimento destinato al conseguimento di qualifiche professionali collocato nell’ambito dell’educazione e formazione iniziali, non facilita l’apprendimento permanente.
La mancanza di comunicazione tra sistema educativo e sistema produttivo ha creato barriere tra le istituzioni e i Paesi che impediscono sia l’accesso fluido all’educazione e alla formazione sia un uso efficiente delle conoscenze e delle competenze precedentemente acquisite tale da promuovere e sviluppare il lifelong learning.
Muovendo dalla consapevolezza che la formazione rappresenta una delle chiavi fondamentali della prosperità e che ci sia la necessità di validare e riconoscere i risultati dell’apprendimento, non si può giustificare la corsa alla riproduzione dei documenti dell’Unione Europea senza spirito critico.
La sensazione, testata sul campo, è che spesso il tema delle qualifiche e delle competenze in Italia sia stato spiegato e discusso confusamente e, per questo, precocemente rifiutato. Soprattutto nella nozione di competenza, tanto poco compresa, avversata e temuta, si va condensando oggi la linea di passaggio da una tradizionale didattica trasmissiva, a una didattica che senza rinunciare a trasmettere il sapere si fa più critica, più creativa, più costruttiva, più interattiva.
Per far cambiare la didattica è indispensabile, dunque, integrare le discipline ma, non è immaginabile abolirle. Quando Morin parla di una “Testa ben fatta” intende criticare l’enciclopedismo pedagogico e il nozionismo. Ma non propone certamente una “Testa vuota”.
Attorno alle competenze, alla loro definizione in modo tassonomico e a come fissarle in apprendimenti di base irrinunciabili, il dibattito aperto ha messo in luce la problematicità dell'applicazione di tale concetto (in uso nel mondo aziendale e nella formazione professionale) al campo scolastico. In campo scolastico il concetto di competenza ha un valore tecnico (di assimilazione di procedure) ma ne ha anche uno eminentemente formativo, legato alle diverse formae mentis (H. Gardner) agli atteggiamenti cognitivi, alla valenza critica e riflessiva dei saperi.
L’EQF, che è un potente strumento per favorire la trasparenza delle qualifiche, la progressione e la mobilità dei cittadini, non può sostituire il Curricolo né le discipline. Sicuramente nella scuola gli otto livelli potrebbero essere uno stimolo per una progettazione più attenta che tenga conto delle esigenze degli studenti. Ma un’immagine mitica dell’EQF come la panacea della nostra didattica può essere pericoloso e ottenere come risultato un ritorno al più rigido disciplinarismo, tanto avversato dai più fervidi europeisti.

 

 

 

 

 
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